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Fondo ticket, la ripartizione crea disparità tra le regioni

Sanità pubblica Redazione DottNet | 23/04/2018 18:28

Cimo: "Un ulteriore colpo alla sanità pubblica"

Sono 60 i milioni di euro annui sul piatto da ripartire per il 2018-2020, per ridurre il peso del cosiddetto superticket in sanità, quei 10 euro in più fissi di compartecipazione da pagare per le prestazioni specialistiche.    Lo prevede l'ultima legge di bilancio, ma il decreto di ripartizione del Fondo fa già discutere. Esprime preoccupazione, sulla base di anticipazioni in merito alla bozza di decreto, in particolare Cittadinanzattiva, che chiede anche un incontro urgente al Ministero della Salute spiegando che il riparto andrebbe a penalizzare il Sud, concentrando il 70% delle risorse in sole cinque regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Toscana), a sfavore di Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, che tutte insieme avrebbero a disposizione solo il 12,5% del Fondo.

"Contiene misure inique - spiega Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva - che penalizzano ancora una volta soprattutto le persone delle Regioni del centro sud, più in difficoltà nell'erogazione dei Lea e con più alto tasso di rinuncia alle cure". Il decreto ripartisce il 90% del fondo attraverso un unico criterio spiega l'Associazione: il volume di ricette di specialistiche ambulatoriali, mentre come spiega Aceti la richiesta è che "il decreto sia modificato introducendo tra i criteri di riparto anche l'accessibilità dei servizi, il tasso di rinuncia alle cure, l'aspettativa di vita ed altri indicatori". "Chiediamo anche una verifica dei provvedimenti che le Regioni dovranno prendere una volta che avranno queste risorse- aggiunge - di ampliare e introdurre un controllo".

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E se Filippo Anelli, presidente della Fnomceo, evidenzia che "Le Regioni non hanno avviato alcun confronto sulle tante richieste di modifica dei criteri di ripartizione del Fondo Sanitario Nazionale e si sono tenute fuori dal dibattito sulle aggressioni contro gli operatori della sanità" chiedendo su questi temi un incontro col coordinatore della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, "perché come non si può fare una sanità senza medici" anche gli infermieri esprimono tutta la loro preoccupazione. "Basta con un sistema basato solo sull'economia: la salute non si compra, ma si tutela e si difende con equità e universalismo" spiega la presidente Fnopi, Federazione nazionale Ordini Professioni Infermieristiche Barbara Mangiacavalli.

"Ci auguriamo - aggiunge - che siano le stesse Regioni a rendersi conto che in questo modo l'Italia si spacca. Le Regioni non possono essere complici del disfacimento di uno dei sistemi più equi e universali di assistenza: il nostro servizio sanitario nazionale". E il sindacato dei medici Cimo aggiunge che "tale applicazione del riparto, se confermata, rappresenta un'ulteriore colpo alla sanità pubblica". L'obiettivo sullo sfondo è arrivare all'abolizione del superticket stesso, ipotesi cui si discute da diverso tempo.    "Abbiamo provato a farlo con 40mila firme" spiega Aceti, che evidenzia come "l'effettivo gettito è pari a poco più di 400 milioni di euro l'anno, esattamente la metà di quanto previsto dalla manovra che lo istituì".

Il decreto sulla ripartizione del fondo sanitario di 60 milioni di euro per il 2018-20, previsto nell'ultima Legge di Bilancio per ridurre il peso dei ticket in sanità e in discussione domani, "rischia di validare una palese discriminazione tra le varie regioni a favore di poche, con assegnazione del 90% delle risorse a sole 5 regioni d'Italia". Lo afferma in un nota il sindacato dei medici Cimo. Per Guido Quici, presidente del sindacato, "tale applicazione del riparto, se confermata, rappresenta un ulteriore colpo alla sanità pubblica". "In un contesto che vede un aumento esponenziale dell'out of pocket- prosegue la nota- con evidenti difficoltà economiche di una larga fetta di cittadini soprattutto in quelle aree dove i Lea (Livelli essenziali di assistenza) non sono ancora assicurati, si assiste infatti ad una ulteriore disparità di accesso alle cure tra i cittadini italiani, disparità che di fatto è sugellata da una aspettativa di vita particolarmente bassa per alcune regioni del sud. Sembrerebbe quindi inascoltato lo stesso resoconto di Osservatorio Salute pubblicato alcuni giorni fa che denuncia, a chiare lettere, gli effetti distorsivi del federalismo sanitario" . "Come medici - prosegue Cimo - siamo preoccupati non solo per il settore che rappresentiamo, ma soprattutto per i cittadini e le famiglie, che vedono calpestati i loro diritti, e per le risorse pubbliche, che rischiano di essere ripartite ' alla rovescia'". "Ancora una volta - è la conclusione - invitiamo la politica a farsi vigile sulle conseguenze dell'applicazione delle norme e soprattutto di 'battere un colpo' per il rilancio del servizio sanitario pubblico, che deve diventare uno dei fattori per la crescita dei territori e degli standard di vita nazionali".
 

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